A partire dal XVI secolo, nascono a Tivoli le dinastie degli stampatori, che sono contemporaneamente incisori, fonditori, tipografi.
Sotto il governo del cardinale Ippolito II d'Este e di suo nipote Luigi, la cultura locale trasse un rinnovato impulso, giovandosi degli uomini illustri della corte estense, divenuta cenacolo d'ingegni e centro propulsore di studi.
Tale opuscolo, sconosciuto ai più, in realtà riveste un'importanza fondamentale, perché rappresenta la prima opera certamente stampata in una tipografia tiburtina, impiantata dall'audace tipografo Domenico Piolati.
Negli Atti del Comune si legge che il 23 dicembre Domenico Piolati fece istanza per chiedere la licenza di poter stampare in Tivoli. Il priore Vincenzo Raulino, con acume e lungimiranza, suggerì che allo "stampatore se li dia licenza & c., per essere honore della nostra Comunità, et che le si paghi la piggione della casa". La proposta fu approvata quasi all'unanimità, vista l'eccezionale possibilità che s'offriva alla cittadina d'entrare nella storia.
1578Altra opera stampata dal Piolati è "Lucta Tyburtina, ad Illustriss. et reverendiss. D.D.Aloysium Cardinalem Estensem. Autore Steph. Theueneto Gallo. Tybure, Apud Dominicum Piolatum. 1578. Cum licentia Superiorum".
Il Consiglio Comunale, nella seduta del 16 gennaio, approvò, in favore di Piolati, la concessione di "scudi due al mese dal giorno che comincerà a ristampare in Tivoli (...) et che l'opere che egli stamperà siano franche da ogni gabella".
1616Gli Atti del Comune, datati al 21 dicembre di quell'anno, riportano la richiesta del celebre tipografo romano Giacomo Mascardi. Occorre ricordare che, nell'officina romana Mascardi, vennero stampate la maggior parte delle opere drammatiche e delle composizioni musicali della prima metà del XVII secolo.
Si fece avanti un altro notissimo stampatore romano, Giambattista Robletti. Questa volta il Comune non ripeté l'errore e concesse sia la casa, sia venticinque scudi annui per non lasciarsi sfuggire l'eccezionale occasione.
1638Robletti rimase a Tivoli per diciotto anni; poi si assentò, lasciando come sostituto Giacomo Facciotti e facendo ritorno a Tivoli soltanto nel 1643.
Venuto a conoscenza di tali vicende, Robletti si precipitò in Comune, promettendo di aver maggiore cura della sua tipografia ed ottenendo così la stipulazione di un contratto regolare per un triennio a partire dal 15 maggio 1643.
Un tipografo romano, Francesco Felice Mancini, propose di impiantare la sua officina a Tivoli per soli venticinque scudi e la maggioranza del Consiglio comunale accettò di buon grado, poiché riconosceva quanto 'utile et honore' recasse quell'arte alla città.
Onofrio Piccinini di Velletri propose di organizzare una stamperia, poiché al momento la città ne era sprovvista. Per diciotto scudi l'anno ottenne il permesso di stampare "cose per il pubblico".
1848Nell'Ottocento, la storia della stampa a Tivoli ebbe tratti romanzeschi. Gerardo Majella, custode del carcere, per stampare il manifesto del concerto in Villa d'Este di Liszt, ritagliò delle lettere, fissandole su di una tavola. Poi, le inchiostrò, mettendo sopra un foglio e facendovi rotolare sopra un bastone in forma di rullo rudimentale. Gli prestarono aiuto i detenuti, ai quali era concesso di tornare a casa la sera, con l'impegno di ripresentarsi al mattino.