Nel 1988, la direzione del Frank H. McClung Museum dell'Università del Tennessee Knoxville, per arricchire la collezione del Museo ha affidato l'incarico al Laboratorio-Museo Didattico del Libro Antico di Villa d'Este della riproduzione tecnica e scientifica del supporto papiraceo, delle scritte ed illustrazioni del noto "papiro di Kha" del Museo Egizio di Torino.
Il Libro dei Morti del Museo Egizio di Torino è un prodotto ammirevole dell'arte scrittoria.
Inizia con una miniatura, dove compaiono Kha e Merit nell'atto di rendere omaggio ad Osiride, prosegue con una serie di capitoli vergati in bella grafia manuale, a inchiostro nero con rubricature in rosso e illustrati con raffinate miniature. Lo scritto e la figura sono eseguiti ambedue col pennello e partecipano della stessa abilità pittorica.
La riproduzione della miniatura del pregiato volumen papiraceo di Kha, eseguito dal Prof. Antonio Basile nel laboratorio di Villa d'Este, inizia con minuziose campiture della consueta scena di adorazione ad Osiride "sovrano dell'eternità, l'Ente buono, giustificato", rappresentato seduto in trono, sotto un baldacchino. Egli porta sul capo il diadema dalle lunghe corna di capra e tiene in mano i simboli caratteristici della sua sovranità. Davanti a lui minuziosamente viene riprodotto nei particolari, una ricca tavola colma di offerte (focacce, pezzi di vittime sacrificali, anatre, fiori) e Kha in piedi, con le braccia sollevate in atto di adorazione, seguito dalla sua sposa Merit in analogo atteggiamento.
Secondo la più antica tecnica degli scribi egizi e dopo un attenta analisi del papiro originale custodito a Torino, il prof.Basile ha riprodotto gli inchiostri neri a base di nerofumo ed inchiostri rossi a base di ocra rossa mescolati a gomma arabica per redigere il testo scritto.
L'originale del Papiro di Kha venne realizzato da uno scriba della XVIII dinastia, regno di Thutmosi IV interamente con l'uso del pennello anche per quanto concerne la scrittura.
Ne consegue che il prof. Antonio Basile, seguendo il corretto procedere dell'archeologia sperimentale ha dovuto procurarsi i pennelli, costituiti da fasci di fibre vegetali legate strettamente da più giri di cordicelle, di dimensioni e di finezza diverse a seconda del tipo di operazione che si apprestava ad eseguire: grandi campiture, piccoli particolari e/o scrittura. Per quanto riguarda gli impasti colorati, utilizzati nelle scene figurate si è svolta una lunga ricerca sui pigmenti adoperati durante la XVIII dinastia, parallelamente ad un'osservazione diretta dell'originale, e da precedenti indagini di laboratorio chimico - fisiche eseguiti su testi papiracei analoghi, nonché ricerche bibliografiche.
Da tali indagini si è dedotto che per la pittura si utilizzavano colori prevalentemente di origine minerale, ma talvolta anche vegetale:
I pigmenti degli antichi Egizi si è visto essere per lo più di natura inorganica e dovevano essere macinati e ridotti in piccoli pani compatti.
I leganti utilizzati erano organici: gomma arabica, albume d'uovo e colla di pesce.
Con un procedere lento e paziente, durante l'esecuzione della ricostruzione del Papiro di Kha, Antonio Basile prendeva il pigmento dal panetto strofinandovi la punta del pennello per scrivere, dopo averla inumidita. Come in antico, le sue tavolozze erano costituite da blocchetti di pietra rettangolari con uno spazio ovale, leggermente ribassato al centro, per macinare i pigmenti, tramite pestelli.
Anche allora, la tavolozza e i pestelli venivano usati sia dai pittori che dagli scribi.