Fra tutti i papiri presenti nel Museo Gregoriano, il più importante è un papiro quasi intero, dell'epoca saitica, composto da trenta fogli scritti in carattere ieratico. Si tratta del libro PER EM HERU che significa "libro per uscire dal o nel giorno", nome dato dagli egizi al Libro dei Morti appartenuto al sacerdote Pacherientaihet.
Oggi la superficie del papiro di Pacherientaihet è ormai ricoperta da una sorta di vernice divenuta bruno scuro brillante che impedisce tutti gli interventi di "salvataggio" e rende spesso la lettura molto difficile.
Tuttavia prima che la vernice mutasse troppo, vennero fatte una serie di fotografie di grande qualità.
In seguito la Direzione dei Musei Vaticano fece richiesta al prof.Antonio Basile, esperto di ricostruzione di testi antichi, di intraprendere un lavoro unico nel suo genere, ossia la riproduzione mai eseguita prima di allora, del più lungo documento papiraceo, giacché il testo originale si andava deteriorando, presentando scritte e disegni ormai quasi illeggibili.
Il papiro del Vaticano era in origine un rotolo continuo della lunghezza di 16 metri che poi fu tagliato e diviso in 31 fogli legati insieme a guisa di libro e incollati su tela di lino.
Le vignette sono opera di un buon artista, i colori usati sono, oltre al nero, il giallo e il rosso.
Ogni capitolo porta il suo titolo per lo più in carattere rosso.
Il testo, che venne scritto con mano regolare ed elegante, è opera di una sola persona e non fu preparato in precedenza per venderlo ad un cliente qualunque, ma preparato appositamente per il defunto Psamtik.
Prima di iniziare i lavori di riproduzione del Papiro Vaticano, il prof.Antonio Basile ha dovuto seguire un'accurata ricerca bibliografica e chimico-fisica su esemplari dello stesso periodo, coadiuvato dalla collaborazione del Direttore della Ricerca Scientifica dei Musei Vaticani. Il papiro così trattato, dopo una meticolosa selezione della pianta di cyperus papyrus e un'attenta lavorazione della plagula, sottoposta a trattamenti speciali atti a frenarne il deterioramento nel tempo, è stato giudicato identico ai migliori esemplari prodotti nell'antichità da esperti e studiosi di fama mondiale.
Si riportano alcune delle loro citazioni:
I fogli presentano due facce, una a fibre orizzontali (recto) e una a fibre verticali (verso); lo scritto era tracciato sul recto a colonne disposte in senso perpendicolare al verso della lunghezza. Una volta scritto il papiro veniva conservato arrotolato.
Anticamente gli scribi tracciavano le loro scritture ed anche i disegni, servendosi di cannucce sottilissime (giunco) rese affilate dalla pietra pomice; oppure, quando il papiro non era perfettamente levigato, si usava una cannuccia che veniva "sfibrata" ad una delle sommità in modo da funzionare come un sottile pennello per fare aderire meglio l'inchiostro alla superficie scrittoria.
Per riprodurre il Papiro Vaticano sono state usate cannucce affilate e sottilissimi pennelli ricostruiti in base agli originali ritrovati nelle tombe della Valle dei Re.
I colori e gli inchiostri utilizzati per il nostro papiro sono stati anch'essi oggetto di studio su originali della stessa epoca.
Gli inchiostri usati dagli Egizi erano a base di nerofumo e gomma arabica se di colore nero, e di ocra rossa e gomma arabica per i rossi, spesso utilizzati per i capoversi.
Le ocre gialle e rosse sono delle terre costituite da argilla e silice.
Il loro colore può variare a seconda della composizione dei vari elementi ossidanti in esse presenti.
L'ocra gialla, per esempio, può essere costituita da ossido di molibdeno, mossido di ferro o da antimonio.
La terra rossa, che è una variante terrosa dell'ematite, è il più antico rosso di origine minerale che venne mai usato.[Essa può essere ottenuta anche riscaldando in maniera opportuna l'ocra gialla (per esempio si può ottenere terra di Siena bruciata dalla terra di Siena naturale)].
Il nerofumo veniva ricavato sin dai tempi più antichi da vari pigmenti derivati da prodotti carbonici o dagli ossidi di manganese.
Gli Egiziani però utilizzavano anche il nero d'ossa oltre al nerofumo di origine vegetale.
Tutti questi pigmenti avevano come legante la gomma arabica. La gomma arabica veniva ricavata da varie specie di acacie presenti in Egitto e specialmente in Arabia:da qui il nome di arabica.
Oggi il tipo più diffuso è quello che proviene dal Senegal. Si presenta sotto forma di grani più o meno grossi, bianchi, trasparenti di spezzatura vitrea.
I pezzi o grani tendenti al color rosso arancio sono i meno pregiati.
Per prevenire l'attacco di microrganismi le soluzioni e sospensioni di gomme vengono addizionate di antifermentativi e spesso è necessario aggiungere come emollienti, per ridurre la fragilità del film, del miele.
La gomma è stata sempre il legante preferito per la pittura su papiro, per la particolare brillantezza e qualità cromatica che conferiva ai pigmenti.