I MAGISTRI CARTARI DI TIVOLI
quod si has ut vellem possem quoque promere laudes,
tota licet tenuis mihi tiburtina papirus
cartha foret, quantumque bibi rapido ex aniene,
quem secus haec nuper cudebam carmina tantum
atramenti esser, nec pagina, nec liquor ater
sufficeret tamen ille mihil;
1402
I libri Dohanae ricordano l'arrivo in Roma di decine e decine di carichi "de carta de Tiboli".
- Il corrispondente in Roma di Francesco Datini acquistò nella città "due lisime de carta de Tiboli".
- Dall'analisi dei registri delle gabelle di Roma, si evince che, nel XV secolo, il valore della carta importata ogni anno da Tivoli oscillava fra le 700 e le 750 lire.
- Dopo il 1475, le importazioni calarono notevolmente, scendendo a 536 lire nel 1480 e a 433 lire nel 1484.
1450
La produzione cartaria tiburtina copriva, da sola, una quota cospicua del mercato romano.
- Nel 1453, "le risme de carta de Tiboli" erano pari in valore al 26,4% delle importazioni di carta.
- Rispetto alla quantità, poi, la quota del mercato detenuta dalla produzione tiburtina era ancora maggiore, poichè la carta di Tivoli era fra quelle vendute a minor prezzo, ciò era dovuto probabilmente alla minore incidenza del trasporto, rispetto alla carta di Fabriano.
- La fabbricazione della carta era un'attività controllata da pochissimi imprenditori, nonostante i quantitativi di carta esportati risultino assai rilevanti.
- Anzi, per decenni i registri doganali romani attestano quasi soltanto le esportazioni di un tale "mastro Cecco", probabile esponente della famiglia tiburtina dei Cartari.
- Magister Cecchus Cartari, padre del legum doctor Angelo, era un esperto di diritto che sul finire del secolo tentò di abbandonare un cognome rivelatore di origini modeste, qualificandosi come Dominus Angelus magistri Cecchi de Pauperinis.
1475
Lo stesso Angelo possedeva una gualcheria per la fabbricazione della carta nella zona del tempio di Vesta.
- Ritiratosi dall'ars cartaria Cecco, negli anni settanta, la fabbricazione della carta sembra praticata da un maggior numero di personaggi, menzionati tanto nella documentazione tiburtina, quanto nei registri doganali romani, i quali, però, non indicano il cognome dell'importatore.
1477
Nel Carme, in onore di Sisto IV, il termine "papiro" fu utilizzato da un anonimo scrittore, con licenza poetica, per indicare genericamente carta. Ciò attesta, come già nel XV secolo, venisse prodotta a Tivoli della carta "morbida" di ottima fattura.
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Da un esame attento delle fonti quattrocentesche, si ricavano varie testimonianze che indicano la presenza in Tivoli di attività produttive della carta diffuse e consistenti.
1500
"Valche ad fare cartha" sono ricordate dal Codice Diplomatico di Antonio Petrarca .
- La produzione della carta sembra caratterizzare la fisionomia produttiva tiburtina.
1550
Umanisti, letterati, musicisti, pittori sono gli ospiti abituali a Tivoli, presso la Villa del cardinale Ippolito II e di suo nipote Luigi, che continuò gli usi mecenateschi dello zio. Essi fecero conoscere alla città di Tivoli uno splendore culturale, veramente insolito, con frequenti visite e lunghi soggiorni di papi, tra cui Paolo IV (1557) e Gregorio XIII (1576).
- Si deduce che, in questo fiorire di studi, di poesia e di composizioni musicali, nell'epoca più fastosa della lunga storia della villa d'Este e della stessa Tivoli non poteva non essere sentita l'esigenza della carta.
- Presso la Biblioteca di Villa d'Este si conservavano "in folio" libri e incunaboli redatti su carta, che non proviene da Fabriano, nè da Foligno o da altri noti centri cartari pontifici, bensì con ogni probabilità dalle fabbriche per carta, che dal '400 prosperavano in Tivoli.